Come gli astrociti modulano la
memoria
GIOVANNI
ROSSI
NOTE E NOTIZIE - Anno XVIII – 30 gennaio
2021.
Testi
pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di
Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie
o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione
“note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati
fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui
argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
Quando lo studio istologico condotto
sui campioni autoptici del cervello di Albert Einstein evidenziò un’insolita
sovrabbondanza di cellule gliali, non furono pochi nella comunità scientifica a
raccomandare di non divulgare il dato, considerandolo in disdicevole contrasto
con la fama di una delle menti più brillanti di tutti i tempi. Infatti, all’epoca
si riteneva che astrociti e oligodendrociti svolgessero funzioni ancillari
rispetto ai neuroni, con valenza trofica e di supporto, senza alcun ruolo
diretto nelle attività mentali, attribuite integralmente ai neuroni. Pertanto,
rilevare che il grande genio di Ulm avesse in proporzione più cellule di
sostegno che neuroni sembrava quanto meno paradossale, perché in quell’ottica
equivaleva a dire che aveva “meno cervello”.
Oggi, dopo gli straordinari
progressi compiuti nella conoscenza molecolare e cellulare di tutte le linee
cellulari della glia, la visione è completamente mutata. Si ritiene, infatti,
che uno degli elementi naturali alla base dello sviluppo delle grandi capacità
cognitive dell’autore della teoria della relatività generale sia stato proprio
il grande patrimonio di cellule gliali, che intervengono direttamente, oltre
che indirettamente attraverso l’attività delle reti astrocitarie, nella
trasmissione e nella modulazione del segnale neuronico, e gestiscono una
propria segnalazione, ossia la gliotrasmissione.
Si comprende perché il campo degli
studi sul ruolo della glia nei processi cognitivi misurabili, e degli astrociti
in particolare, sia in grande espansione e goda di attenzione e interesse da
parte di tutta la comunità neuroscientifica.
Numerosi dati supportano un importante
ruolo degli astrociti quali modulatori della memoria, ma la
definizione dei meccanismi molecolari e, in particolare, dei processi di
segnalazione intracellulari che regolano la funzione astrogliale nella
modulazione della memoria, è ancora un obiettivo non raggiunto per molti studi
attualmente in corso.
Zhiwen Zhou e colleghi hanno
focalizzato l’attenzione sull’AMP-ciclico (cAMP) e hanno generato una linea di
topi transgenici (Mlc1-bPAC) in cui gli astrociti accrescono i livelli intracellulari
di cAMP per effetto di stimolo mediante luce blu. In tal modo, i ricercatori
hanno scoperto che l’aumento del secondo messaggero prodotto dalla stimolazione
luminosa è sufficiente a indurre plasticità sinaptica e modulare la memoria. Il
lavoro ha poi indagato e definito altri aspetti di notevole interesse.
(Zhou Z., Astrocytic cAMP
modulates memory via synaptic plasticity. Proceedings of the National
Academy of Sciences USA – 118 (3): e2016584118, 2021).
La provenienza degli autori è la
seguente: Laboratory of Chemical Pharmacology, Graduate School of
Pharmaceutical Sciences, The University of Tokyo, Tokyo (Giappone); Institute
for Al and Beyond, The University of Tokyo, Tokyo (Giappone); Department of Neuropsychiatry,
School of Medicine, Keio University, Tokyo (Giappone); Animal Resource Center
for Infectious Diseases, Osaka (Giappone).
[Edited by Tullio Pozzan,
University of Padova, Padova (Italia)].
Gli astrociti costituiscono le cellule prototipiche della macroglia
del nostro encefalo, presenti nel sistema nervoso centrale di tutti i mammiferi
e, pur con qualche differenza, in quello dei vertebrati inferiori. Gli astrociti
protoplasmatici si riconoscono nella materia grigia per la loro morfologia
caratterizzata da numerosi processi distribuiti intorno al soma cellulare ed
estesi in forma più o meno radiale, in genere occupando un volume sferoidale, ed
emanando lateralmente un gran numero di sottili e complesse diramazioni
lamellari. La superficie (s) occupata da queste propaggini cellulari è
straordinaria e, in proporzione, molto maggiore di quella occupata dal volume (v),
con un rapporto s/v = 10-20 μm-1. Così, sebbene la
frazione volumetrica occupata dall’astroglia nella corteccia cerebrale dei
mammiferi non superi il 10-20%, i processi degli astrociti, con le branche
laterali, entrano in contatto con la maggior parte della superficie dei neuroni
corticali. Le cellule astrogliali dell’uomo conservano queste caratteristiche,
essendo solo molto più grandi e complesse. In tutte le specie, almeno uno dei
processi possiede dei “piedi terminali vascolari”, così che la superficie dei
vasi del sistema nervoso centrale è virtualmente del tutto rivestita da placche
dell’astroglia.
La densità delle cellule astrocitiche nella corteccia cerebrale del ratto –
modello a basso grado di complessità del pallio di tutti i mammiferi – è considerevole,
andando da 12.000 a oltre 30.000 mm-3. L’indice glia/neuroni della
corteccia cerebrale, in gran parte determinato dai processi astrogliali, cresce
al crescere dello spessore del tessuto.
Gli astrociti fibrosi sono presenti e importanti nei tratti di
sostanza bianca encefalica, nel nervo ottico e negli strati di fibre nervose retiniche,
in tutti gli animali con retine vascolarizzate. Un elemento che conferisce una forte
caratterizzazione nelle immagini al microscopio è costituito da espansioni
digitiformi degli astrociti fibrosi negli spazi perinodali degli assoni
adiacenti. I processi cellulari degli astrociti fibrosi sono in genere più
lunghi di quelli degli astrociti protoplasmatici, nel topo come nell’uomo.
Gli astrociti velati sono stati descritti nello strato granulare della
corteccia cerebellare, dove ciascuno di essi avvolge con proprie membrane
simili a veli sottili più “cellule granulo”, cioè i piccoli neuroni
caratteristici del cervelletto. Astrociti velati sono presenti anche nel bulbo
olfattivo.
Gli astrociti intralaminari sono presenti negli strati
sopragranulari della corteccia cerebrale dell’uomo e di altri primati, ma sono
assenti in tutti i mammiferi inferiori. Sono cellule astrogliali molto simili
agli astrociti protoplasmatici degli strati più elevati della corteccia (I-III),
ma sono caratterizzati da un lungo processo, che nasce dal lato interno del
corpo cellulare, sito in genere nella lamina I, e scende per almeno due lamine,
raggiungendo spesso la lamina IV, dove termina in un piccolo bulbo. Presi
insieme, questi processi formano una palizzata. Tale struttura a
palizzata degli astrociti intralaminari ha attratto l’attenzione di molti
gruppi di ricerca, che stanno tentando di stabilirne il significato
neurofunzionale. In attesa di risultati delle ricerche in corso, alla palizzata
intralaminare è stato attribuito un verosimile ruolo nell’organizzazione
colonnare della corteccia cerebrale: la struttura astrogliale ottimizzerebbe i
processi dei moduli corticali. Intanto, in istopatologia, si rileva la
distruzione della palizzata nella neurodegenerazione della malattia di
Alzheimer. Infine, nello studio sperimentale dei traumi corticali si è
osservato il danno di questa struttura di propaggini degli astrociti
intralaminari.
Gli astrociti perivascolari, oltre a rappresentare con il fitto
rivestimento di piedi terminali vascolari cellule privilegiate nella
regolazione fisico-chimica del rapporto fra compartimento parenchimale encefalico
e compartimento ematico, come gli astrociti della glia marginale nei
confronti delle meningi, rappresentano una speciale struttura di limite e
confine del tessuto neuro-gliale rispetto ad altre strutture; i dettagli del
loro ruolo fisiologico sono ancora scarsamente definiti.
Dopo questa sintetica introduzione agli astrociti dell’encefalo, ritorniamo
al lavoro qui recensito.
Prima di questo studio, numerose evidenze avevano indicato che i
gliotrasmettitori degli astrociti possono avere un ruolo importante nella
memoria. Ad esempio, il lattato rilasciato dalle cellule dell’astroglia
si è rivelato essenziale per la plasticità sinaptica e la formazione di memorie
a lungo termine; la D-serina, tra i più interessanti e studiati
gliotrasmettitori[1], è risultata indispensabile per il
formarsi della memoria contestuale. Inoltre, il rilascio da parte degli
astrociti di glutammato e ATP è in grado di modulare la memoria
della paura appresa per condizionamento. Meno noti sono gli eventi della
segnalazione intracellulare che governano il rilascio di questi
gliotrasmettitori.
Zhiwen Zhou e colleghi hanno preso le mosse dalle numerose osservazioni che
hanno rilevato l’espressione negli astrociti di un notevole numero di recettori
che trasducono il segnale mediante il secondo messaggero cAMP. Anche se la
partecipazione della prima molecola scoperta per la trasduzione del segnale
intracellulare ai processi alla base del comportamento animale è stata indagata,
e sono state studiate le sottostanti interazioni glia-neuroni, non sono stati
finora ottenuti risultati decisivi.
I ricercatori giapponesi hanno allora deciso di analizzare l’incremento
intra-astrocitario di cAMP in rapporto all’induzione di plasticità sinaptica
e alla possibile influenza sulla memoria, verificata mediante esame
fenomenico comportamentale. A tale fine, hanno utilizzato un metodo per alzare in
vivo i livelli di cAMP negli astrociti, usando l’adenilato ciclasi
fotoattivato. In particolare, hanno generato una linea di topi transgenici, Mlc1-bPAC,
i cui astrociti rispondono alla luce blu accrescendo la concentrazione di cAMP
intracellulare.
In tal modo, hanno trovato che l’innalzamento della concentrazione di cAMP
negli astrociti dell’ippocampo dei topi, misurato specificamente in
differenti punti temporali, facilitava la formazione della memoria, ma
interrompeva la ritenzione di memoria via plasticità dipendente dai recettori
del glutammato NMDA.
Gli esperimenti hanno dimostrato che l’incremento di secondo messaggero
indotto dallo stimolo luminoso blu è sufficiente a indurre la plasticità
sinaptica e a produrre evidenze di modulazione della memoria dei
topi.
La sperimentazione ha anche dimostrato che l’aumento del cAMP delle cellule
gliali era in grado di determinare l’attivazione della “navetta del lattato” o shuttle
neuroni-astrociti del lattato, che sappiamo essere essenziale per la plasticità
sinaptica e la modulazione della memoria.
Concludendo, questo lavoro ha evidenziato il diretto intervento del cAMP
astrocitario nei processi che portano alla plasticità sinaptica e alla
modulazione della memoria, e suggerisce l’impiego del metodo adoperato da Zhiwen
Zhou e colleghi per ulteriori studi in vivo della fisiologia degli
astrociti.
L’autore della nota ringrazia la
dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE
E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).
Giovanni Rossi
BM&L-30 gennaio 2021
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[1] Oltre la D-serina, sono attivamente
studiati come gliotrasmettitori il glutammato, il lattato, l’ATP, l’AMP e l’aspartato.